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LA PROFILASSI DEL TEV NEL PAZIENTE MEDICO.


Riccardo 78 anni, bronchitico cronico, ex fumatore (ha smesso da 10 anni), diabetico tipo 2 e obeso (altezza 165 cm, peso 112 kg, BMI 41 kg/m2) chiama il suo medico curante per difficoltà respiratorie e febbre. Il paziente si presenta confuso, polidispnoico (35 atti respiratori/min), tachicardico (110 pbm), ha febbre elevata (39.5° C) con brividi e tosse produttiva; riferisce inoltre un episodio di emottisi e dolore toracico di tipo pleuritico alla base polmonare sinistra.

L’esame obbiettivo permette di apprezzare murmure vescicolare diffusamente ridotto, espirio prolungato con ronchi sibili e gemiti espiratori diffusi.

Vista la gravità della sintomatologia il medico consiglia il ricovero d’urgenza e il paziente viene portato in pronto soccorso.

Quale diagnosi di probabilità porreste?

  • Scompenso cardiaco congestizio
  • Polmonite
  • Riacutizzazione di BPCO
  • carcinoma polmonare

La sintomatologia classica della polmonite comprende:

  • febbre
  • brividi
  • artromialgie
  • tosse più o  meno produttiva
  • dolore toracico (se è presente reazione pleurica)
  • dispnea.

I segni obiettivi più importanti sono la febbre, la tachicardia e la tachipnea; l’esame del torace può fare sentire rantoli e segni di consolidamento (respiro bronchiale, ottusità plessica ed egofonia).

Negli anziani non collaboranti l’auscultazione del torace può non essere di alcuna utilità. Un segno che può invece essere importante è la tachipnea: è stato notato che una frequenza respiratoria superiore a 26 atti/minuto in un anziano è un buon inidcatore di infezioni delle basse vie aeree.

Quali accertamenti diagnostici suggerireste in prima battuta?

  • Rx torace
  • Spirometria (FEV1, CVF, indice di Tiffeneau)
  • Ecocardiogramma con color-doppler + ECG
  • Emogasanalisi (Ega)
  • Emocromo ed elettroliti
  • Tutte le precedenti

La radiografia del torace con riscontro di un addensamento polmonare di nuova insorgenza, associata ad almeno due sintomi clinici tipici, costtituisce la base per la diagnosi della polmonite acquisita in comunità. L’approfondimento diagnostico si avvale poi dell’emogasanalisi, dell’emocromo con dosaggio degli elettroliti e dell’esame microbiologico dell’espettorato per l’isolamento del patogeno.

Gli esami di laboratorio effettuati durante il ricovero dal sig. Riccardo evidenziano una conta dei leucociti 13.500/ml con deviazione a sinistra, Na+ 120 mmol/l, ematocrito 39%, glicemia 255 mg/dl, SaO2 di 88%.

In che classe di rischio allochereste il paziente?

  • Molto bassa
  • Bassa
  • Moderata
  • Elevata.

E’ possibile stabilire il rischio corso da un paziente grazie al Pneumonia severity index o punteggio di Fine, riporatto nella tabella 1 e 2.

Tabella 1 – Punteggio di Fine
CALCOLO DELLE CLASI DI RISCHIO PER LA POLMONITE DA COMUNITA’

FATTORE                                   PUNTEGGIO
Età
Maschi                                          1 per anno
Femmine                                      1 per anno – 10

MALATTIE CONCOMITANTI:

Neoplasia  +30
insufficienza epatica  + 20
Scompenso cardiaco   +10
Malattie cerebrovascolari +10
Insufficienza renale  + 10

SINTOMI:

Confusione mentale +20
Frequenza cardiaca ≥ 30/min +20
PA sistolica < 90 mmHg +20
Temperatura > 40 °C  +15
Frequenza cardiaca ≥ 125 bpm +10

LABORATORIO:

pH < 7.35  +30
Azotemia > 10.7 mmol/L  +20
Sodiemia < 130 mEq/L  +10
Glicemia ≥ 250 mg/dl  +10
Ematocrito < 30%  +10
PaO2 < 60 mmHg SaO2 < 90%  +10
Versamento pleurico   +10

Tabella 2 – Mortalità in base alla classe di rischio

CLASSE               SCORE TOTALE                 MORTALITA’
I                                                                                     0.1%
II                                       ≤70                                     0.6%
III                                   71-90                                    2.8%
IV                                   91-130                                  8.2%
V                                        >130                                 29.2%

Il sig. Riccardo è un paziente a rischio elevato. L’esame microbiologico satbilisce che il patogena responsabile è lo Sterptococcus pneumoniae. Il paziente viene trattato con terapia antibiotica a base di beta-lattamico + macrolide ev, con parzaile risoluzione dlel’addensamento polmonare alla radiografia di controllo; durante la degenza viene inoltre instaurata una profilassi antitrombotica con eparina a basso peso molecolare (EBPM).
Il sig. Riccardo viene dimesso in condizioni ancora non satbilizzate (ipomobilità residua, astenia), con l’indicazione a proseguire la terapia antibiotica macrolide orale in monoterapia per 10 giorni) e la profilassi del TEV (EBPM per 20 giorni).

MARTIGUES.

LE DIMENSIONI DEL PROBELMA
FATTORI DI RISCHIO DEL TEV NEL PAZIENTE MEDICO OSPEDALIZZATO:

E’ dimostrato che l’ospedalizzazione per una malattia acuta rappresenta un importante fattore di rischio per TEV (figura 1); dati recenti della letteratura evidenziano infatti che il ricovero si associa in modo indipendente con un incremento di otto volte il rischio relativo di TEV e rende conto di circa un quarto di tutti i casi di TEV (Geerts 2008).

Figura 1 – Situazioni che aumentano il rischio di TEV nel paziente ospedaliero.

Qualunque soggetto di età> 40 anni                                   Insuffcienza cardiaca congestizia
Con ≥3 giorni di allettamento                     → →→            Insufficienza respiratoria grave          ←← ←
con una delle seguenti                                                           Cancro attivo                                                                                Ictus ischemico
Precedenti TEV – Sepsi                                                              Infarto miocardico
Patolgia neurologica acuta – IBD

Sebbene molti associano il TEV a traumi recenti o a interventi chirurgici, il 50-70% dei casi sintomatici che avvengono durante una ospedalizzazione è rappresentato da pazienti ricoverati per patologie mediche (figura 2). Considerata la natura spesso silente del TEV, il primo segno d’allarme può essere rappresentato da un evento clinicamente significativo e potenzialmente fatale, come  una EP.

Figura 2 – Pazienti con TEV: reparto di provenienza

  • 43% Medicina
  • 16% Chirurgia generale
  • 10% Oncologia medica
  • 9% Chirurgia ortopedica
  • 8% Chirurgia toracica
  • 14% altro.

Il reparto ospedaliero con la maggiore incidenza di TEV è la medicina interna, che da sola contribuisce a fornire un numero di eventi pari a quelli registrati in tutti i reparti chirurgici messi insieme (Goldhaber SZ et al. Chest 2000; 118:1680-84).

Le patologie internistiche associate al maggior rischio di TEV sono.

  • 14.6% Scompenso cardiaco
  • 13,1% Insufficienza cardiaca
  • 15.5% Patologie infettive
  • 16.5% Infezioni + insufficienza respiratoria
  • 20.7% Patologia reumatica.

Alikhan R et al. Blood Coagul Fibrinolysis 2003; 14:341-349.

Il Sig. Riccardo doveva ricevere una profilassi antitrombotica?

  • No
  • SI, ma solo per 2 giorni
  • Si, ma solo per 5 gironi
  • Si per tutto il periodo di ricovero, da proseguire eventualmente a domicilio.

Il sig Riccardo è un paziente a rischio di TEV e ha quindi ricevuto durante il ricovero una profilassi antitrombotica; tale profilassi è stata inoltre proseguita a domicilio dopo dimissione. Il paziente infatti era ancora ipomobile al momento della dimissione e non era ancora completamente guarito dalla patologia che lo aveva portato al ricovero (ossia la polmonite).

L’utilità della profilassi antitrombotica nel paziente medico è stata chiaramente validata da vari trials clinici (Samama MM et al. NEJM 1999; 341:793-800; Hull RD Extended duration venous thromboembolism prophylaxis in acutely ill medical patients with recently mobility. Ann Intern Med 2010; 153:8-18.

Rischio e profilassi del TEV nel paziente medico trattato a domicilio

La prevalenza delle condizioni internistiche che nel paziente ospedalizzato costituiscono fattore di rischio per TEV sembra essere particolarmente elevata anche nei pazienti ambulatoriali, anche se i dati disponibili sono meno numerosi e solidi rispetto al paziente ospedalizzato.
La SIMG (Società Italiana di Medicina Generale) ha recentemente condotto uno studio caso-controllo sulla frequenza dei fattori di rischio internistici nei pazienti ambulatoriali colpiti da TEV in Italia. Il trial ha coinvolto 400 MMG in tutta Italia analizzando un database con 372.000 pazienti dal 2001 al 2004.
Lo scopo era valutare l’incidenza del TEV e l’associazione con i fattori di rischio internistici. Dal 2001 al 2004 sono stati registrati tutti  i casi di TEV diagnosticati. Per ogni caso sono stati selezionati dal data base 10 pazienti di controllo senza TEV appaiati per sesso età e medico.

All’analisi univariata sono risultate significativamente associate a un aumento del rischio di TEV i seguenti fattori:

  • Opsedalizzazione
  • Le neoplasie
  • Malattie infettive acute
  • Malattie neurologiche
  • Scompenso cardiaco
  • Paralisi
  • BPCO
  • Stroke
  • TVP.

Gli autori concludono affermando che in Italia i pazienti ambulatoriali del medico di medicina generale hanno una elevata prevalenza delle stesse condizioni mediche associate a TEV nei pazienti trattati in ospedale.

La profilassi del TEV nel paziente medico trattato a domicilio: cosa dicono le linee-guida

Nel gennaio 2010 il National Institute for Health and Clincal Excellence ha pubbliacto le linee-guida sulla riduzione del rischio tromboembolico nei pazienti ospedalizzati.
In questo documento si identificano come pazienti mertitevoli di profilassi (in ambiente ospedaliero) i soggetti che:

  1. hanno/avranno un asignificativa riduzione della morbilità per almeno 3 giorni;
  2. avranno una riduzione della morbilità rispetto alle condizioni di vita normale;
  3. presentano almeno uno dei fattori di rischio riportati nella tabella 4.

Tabella 4 – Fattori di rischio per TEV in pazineti ospedalizzati (Linee-guida NICE 2010):

  • cancro o terapia attiva per cancro
  • Età >60 anni
  • Ricovero per patologie che richiedono approccio “intensivo”
  • Disidratazione
  • Trombofilia nota
  • Episodi personali o familiari (I grado) di TEV
  • Vene varicose con flebite in atto
  • Obesità (BMI >30)
  • Un ao più comorbilità mediche rilevanti (cardiache, polmonari, metaboliche, endocrinologiche, infezioni acute, stati infiammatori cronici)
  • Uso di contraccetivi orali
  • Uso di terpia ormonale sostitutiva.

Come dimostra lo studio SIMG, i fattori di rischio nei pazienti con TEV diagnosticato in medicina generale son quantitativamente molot simili a quelli riscontrati in ambiente ospedaliero.
Anche se questo dato rafforza l’adozione delle raccomandazioni delle linee-guida anche nell’ambito delle cure primarie, ad oggi in letteratura non esistono linee-guida dedicate alla profilassi del TEV del paziente internistico trattato a domicilio dal proprio medico curante.
Le considerazioni di ordine generale sono quindi di scarsa utilità e di conseguenza il MMG dovrà valuatre sempre caso per caso l’indicazione se effettuare o meno la tromboprofilassi.
Il problema inoltre è rappresentato non solo dalla valutazione del rischio in base ai criteri delle linee-guida validate per il paziente ospedalizzato, ma anche dalla scelta della durata ottimale della profilassi antitrombotica.
Al domicilio si ritrovano infatti le situazioni croniche con allettamento di mesi o di anni ch enon trovano corrispettivo non solo negli studi, ma neppure nella raeltà ospedaliera.
Di fronte ad un paziente cronicamente allettato o gravemente ipomobile peraltro l’evidenza scientifca ad oggi non suggerisce di proseguire indefiniatmente la profilassi del TEV, ma di riservarla a quei periodi nei quali l’insorgenza di una patologia acuta intercorrente (es. una infezione) aumenta transitoriemente il rischio trombotico.

Dott. Davide Imberti
Direttore  Medicina Interna MAR
Azienda Ospedaliera Universitaria S. Anna
Ferrara.

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INIBITORI DI POMPA PROTONICA: POLMONITE ACQUISITA IN COMUNITA’ E FRATTURA DELL’ANCA.


INIBITORI DI POMPA PROTONICA: RUOLO NELLA FARMACO-RESISTENZA, RUOLO NELLA SUSCETTIBILITA’ ALLE INFEZIONI.

Gli IPP sono benzimidazoli sostituiti che inibiscono irreversibilmente la pompa protonica H-K ATP asi delle cellule parietali gastriche. Questo meccanismo viene utilizzato nella terapia dell’ulcera peptica e nelle patologie gastriche in cui sia necessario ricreare un ambiente meno acido.

Questi farmaci richiedono attivazione nell’ambiente acido dei canalicoli secretori delle cellule parietali.
Una singola dose giornaliera inibisce quasi totalmente la secrezione acida gastrica.

Il pantoprazolo è più stabile rispetto agli altri IPP, nell’intervallo di pH tra 3.7 – 7.4, conseguentemente la sua azione può diventare più selettiva sulla H-K ATP asi delle cellule parietali che su quelle localizzate su altri siti come i lisosomi o i granuli cromaffini dei neutrofili: questo suggerisce una minor specificità degli altri IPP disponibili quali omeprazolo, lansoprazolo e rabeprazolo.

Per quanto riguarda l’omeprazolo, uno studio ha dimostrato però la sua assoluta specificità nell’inibire solo la pompa H-K ATP asi delle cellule parietali gastriche.

POLMONITE ACQUISITE IN COMUNITA’

Si è però visto che pazienti sottoposti a terapia a lungo termine con IPP sviluppano polmonite acquisite in comunità più frequentemente e in forma più grave rispetto alla popolazione che no assumeva PPI.

Perchè l’inibizione acida causa polmonite? i farmaci vanno ad inibire anche la H-K ATP asi vacuolare dei macrofagi polmonari impedendo la corrette fagocitosi dei batteri?
Gli studi sembrano dimostrare che il motivo sia nella maggior carica batterica del secreto gastrico che viene broncoaspirato a causa della più bassa acidità del succo gastrico nel caso di polmonite ab ingestis.
Nel caso di polmonite non dovuta all’ab ingestis, invece, la causa principale è legata alla diretta inibizione della funzione leucocitaria causata dagli antiacidi (IPP e anti H2).
Questo ci suggerisce che il  meccanismo con sui la funzione leucocitaria viene inibita non è legta alla inibizione dell’H-K ATP asi del leucocita, perchè il rischio di polmonite aumenta anche con la somministrazione di ranitidna, che ha un altro meccansimo d’azione.

Anche nei pazienti traumatizzati sia la polmonite sia altre infezioni nosocomiali sono aumentate in egual modo sia dall’utilizzo di anti-H2 sia dai IPP. Quindi non ci sono specifiche correlazioni con il meccansimo d’azione dell’inibizione della pompa protonica.

Al contrario però, questa foto dimostra che l’omeprazolo interferisce con la pompa protonica del macraìofago e quindi non è specifico per l’H-K ATP-asi gastrica. Questo ci induce pensare ch el’omeprazolo diminisca il potere fagocitico dei macrofagi e quindi aumenti la suscettibilità alle infezioni.

PPI SONO INDICATI IN ALCUNE PATOLOGIE NEOPLASTICHE

In aggiunta all’uso nella terapia dell’ulcera peptica, i PPI sono indicati in alcune patologie neoplastiche?

I tumori solidi rispondono al trattamento farmacologico con chemioterapici, alcuni dei quali (%FU, vinblastina e cisplatino) sono basi deboli. Un ambienteextracellulare meno acido può migliorare l’efficacia del chemioterapico?

La somministarzione di omeprazolo prima del trattamento chemioterapico può far aumentare la sensibilità delle cellule tumorali al farmaco antineoplastico; il meccansimo alla base di questo effetto è l’inibizione della V-H ATP asi (vacuolare ATPasi) che aumenta sia il pH extracellulare sia il pH a livello dei lisosomi.
La somminisatrzione di omeprazolo è ben tollerata e può aprire nuove frontiere per diminuire la resistenza ai farmaci chemioterapici.
Evidenze scientifiche hanno dimostrato però la comparsa di gastrinoma direttamnte con l’assunzione prolungata di IPP dovuta a inibizione dell’acidità gastrica con conseguente iperstimolazione  a produrre gastrina.

MOUSTIERS SAINTE MARIE.

Uso degli inibitori di pompa protonica, fratture dell’anca e modifiche della densità minerale ossea in donne post-menopausa: risultati dallo studio WHI (Women’s Health Iniziative).

E’ stato ipotizzato che la terapia a lungo termine con PPI aumenta il irschio di fratture mediante un’alterazione dell’assorbimento del calcio. Parecchi studi epidemiologici di ampie dimensioni hanno suggerito una possibile associazione, seppur non statisticamente significativa, tra uso di PPI e fratture osteoprotiche. L’impiego dei PPI non è stato invece correlato a fratture dell’anca in pazienti senza fattori predisponenti.

Un aumento del rischio di fratture dell’anca, seppur di modesta entità, era stato invece individuato per gli antagonisti dei recettori istaminergici H2 (anti-H2). I dati relativi alla correzione tra uso di PPI e densità minerale ossea sono piuttosto limitati, ma queste informazioni potrebbero essere importanti al fine di chiarire la plausibilità biologica dell’associazione PPI-fratture.

cliccare il link sotto:

Utilizzo degli inibitori di pompa protonica ed efficacia di alendronato per la prevenzione delle fratture.

IPP E FRATTURA DELL\’ANCA

 

 

 

 

 

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